L’Ombra dello Scorpione – Parte Seconda
- By: Dolores Deschain
Hai perso la prima parte della recensione?
Cari coloni sperduti, lunghi giorni e piacevoli notti a tutti voi.
Eccomi di nuovo qui per proseguire il racconto de “L’Ombra dello Scorpione” esattamente da dove l’avevo lasciato, ovvero dalla partenza della carovana di Abby che a suo fianco ha uno scettico nonché sbalordito Nick Andros. Sbalordito per essere stato eletto “capo” e scettico nei confronti di tutto quel parlare dei piani di Dio. Che poi, quali siano effettivamente questi piani, ancora non si sa. Ma comunque Nick è fedele alla causa e si mette in moto, sebbene col cuore pesante per la presenza di baruffa nell’aria e dell’uomo nero. Dunque i sopravvissuti alla pandemia partono lasciandosi alle spalle le indicazioni verso Boulder per gli altri che sanno essere dietro di loro, tra questi Stu ed il suo gruppo formato da una decina di persone, ma che a breve ne accoglierà altre e altre ancora fino a formare una comunità di svariate centinaia di unità, addirittura migliaia, come d’altra parte faranno i simpatizzanti di RF in quel di Las Vegas, la loro base. Se la sono scelta bella la base! Viva Las Vegas come dirà qualche colone di presleyana memoria.
Per ogni cane il giorno buono arriva.
In questo Libro Secondo il soprannaturale gioca un ruolo fondamentale nell’intreccio, molto di più che nella prima parte, quando era appena accennato e quando si era tutti concentrati sul virus. Adesso invece il divino e lo stregonesco si mescolano ai problemi molto terreni del post pandemia e non possono più essere ignorati, neanche volendo. Da un lato tutti sono consci di far parte di un qualche disegno che include i due araldi del Bene e del Male che usano i sogni come ricetrasmittenti amplificate dei loro richiami, dall’altro, una semplice appendicite ti può mandare dritto dritto all’altro mondo. Anche se sei uno di quelli che è sfuggito alla super influenza. Non vorrei essere nei panni di Fran, ad esempio, che non ha ancora detto agli altri, tranne che a Stu, di essere incinta. Partorire senza medici, infermieri, ginecologi o ostetriche nei paraggi, non deve essere il massimo e una volta partorito, ammesso che tutto vada bene, aspettare di sapere se il nuovo nato è immune a Captain Trips non è certo la più bella delle attese. A proposito di Fran, finalmente dopo capitoli su capitoli si dichiara a Stu che ricambia l’amore per lei ed è d’accordo nel lasciare tutto nascosto ad Harold. Inutile. Hanno fatto i conti senza il colone come si suol dire. Ecco, Harold. Fin dall’inizio ho tenuto d’occhio il ticchettio della bomba ad orologeria che ha sempre nascosto nel cuore e prima o poi sapevo che sarebbe esplosa, e che scoppio! Come definire questo personaggio? Un respinto, sì, e i respinti sono sempre moooolto pericolosi.
Pattume, Harold e Lloyd.
Anche l’aspetto psicologico dei cattivoni viene sviscerato in maniera certosina in queste pagine. Per far essere simpatici i villain? No, semplicemente per raccontarli. Perché si fa presto ad essere buoni. E si fa presto ad incarnare la figura romantica dell’antieroe che alla fine tutti amano. Ma i Cattivi, i Cattivi quelli veri, hanno sempre una vita molto più difficile degli altri e non riescono a far nascere del buono dal brutto che il destino gli ha riservato. Loro, i reietti, gli emarginati e i respinti come Harold, da tutto questo brutto che hanno vissuto fanno nascere altre cose molto brutte. Punto. Il guaio principale è che l’essere umano cerca di appartenere a qualcosa o a qualcuno. Il riconoscersi in un gruppo sociale è quello che un po’ tutti cercano e i sopra citati Tre Moschettieri della Cattiveria hanno trovato un’appartenenza solo nel gruppo dell’uomo nero, dunque, sono andati da lui, al quale sentono di appartenere. Quella metamorfosi di cui abbiamo parlato nella recensione precedente funziona anche per i cattivi sapete? Stessi meccanismi, solo, al contrario. Il cattivo evolve nel suo odio, nel suo rancore, nel risentimento che si porta dietro da una vita. E se Lloyd non si fa remore su come è o non è, Harold è il manifesto della doppia faccia, Pattume invece mi fa pensare a Jocker del megagalattico Joaquin Phoenix. Jocker, cattivo, cattivissimo, il villain per eccellenza, no? Certo, eppure Arthur Fleck altro non è che il risultato della condanna di una società che lo ha piegato in ogni modo. E’ quello che è successo anche a Pattume e in fondo a Lloyd e ad Harold. Non sono simpatici né giustificabili nelle bassezze che compiono ma si deve riconoscere che l’essere ghettizzati, scansati da una società perbenista, da una società che ama i belli, bravi e buoni, che scaccia i diversi, li deride e li cataloga come gli ultimi non è una cosa facile da gestire. Ciò detto quando Flagg tende loro la mano, loro la riconoscono come l’unica che gli sia mai stata tesa è per questo che la stringono e si mettono al collo la catenina con la pietra nera e l’occhio rosso.
Va’ dove ti porta il cuore.
E che dire di Nadine? Nadine mi ha gabbata ben bene. Me l’ha fatta sotto il naso per la seconda volta. Eppure lei è nel gruppo di Mother Abagail, sì. Ed è anche conscia di questo. Vorrebbe amare liberamente Larry, occuparsi di Joe che senza di lei morirebbe, ma, ecco di nuovo il ma che rimette tutto in discussione, MA, la realtà di ciò che sente è ben diversa. La realtà di ciò che vuole è ben diversa. La realtà di ciò che è lei è ben diversa. E addirittura quando si ritrova faccia a faccia con Abby quasi litiga con lei. Abby sa che c’è qualcosa che non va in Nadine e Nadine ha paura di essere scoperta lì davanti a tutti ma un po’ per stanchezza un po’ per la presenza di Joe, Mother Abagail non va in fondo ai suoi dubbi così per il momento la ragazza la fa franca e il suo segreto è salvo. Confesso, cari coloni miei, che nel momento cruciale in cui le due si sono guardate negli occhi mi sono messa a strillare traditora traditora! Sperando che la nonnina mi sentisse ma Abby, non so come mai, non mi ha ascoltata. Cosa insegna la storia dei tre cattivi e di Nadine? In pratica che si può anche far finta di essere qualcun altro ma alla fine, soprattutto adesso che il mondo è stato resettato, ciascuno segue le proprie inclinazioni più profonde. E ne faranno un sacco di guai questi infami…
Qui si fa la Zona Libera o si muore!
Ammetto che tutta la parte di organizzazione della nuova società, cosiddetta Zona Libera, è la parte che meno preferisco dell’intero libro, estratti dei verbali inclusi. Capisco che occorreva spiegare come le due fazioni fossero diverse addirittura nel loro prepararsi e progettare le cose, ma non posso nemmeno negare che i tagli della prima edizione del libro, qui, li avrei accettati. Comunque sia, parlando di predisporre e pianificare, Glen Bateman, una mattina, incalzato da uno Stu un po’ brillo ma molto deciso a capirci qualcosa in tutto quel discorrere di piani, persone, progettazione e Uomo Nero, mette sul piatto tutte le sue abilità di sociologo. E Glen parla. Parla, parla, parla moltissimo e gli spiega che da lì ad un anno probabilmente i due gruppi avranno circa un milione di simpatizzanti a testa e che per gestire una tale cifra di persone occorre rifondare una società. Con tanto di regole e Dichiarazione d’Indipendenza, altrimenti c’è la ragionevolissima possibilità che l’Avversario dall’altra parte approfitti della loro disorganizzazione e del loro caos interno per cancellarli definitivamente. Così Glen spiega nel dettaglio quello che crede dovranno fare nel prossimo anno e Stu gli dà l’ok, inconsapevole che stanno già gettando le basi per la nascita della democratica Zona Libera. Caro Stu, fortuna che t’è capitato Glen Bateman, tu pensa se da Gilead ti capitavo io, al massimo ti consigliavo la gradazione migliore della cioccolata fondente. Extra Noir 70%… ve l’ho detto che non sono coraggiosa, aye.
Si torna in pista.
Ed effettivamente il gruppo dei magnifici Sette: Frannie, Stu, Glen, Larry, Sue, Ralph e Nick fondano un comitato col quale prendono decisioni per la comunità tipo dare il compito ad un gruppo di persone di preparare una degna sepoltura ai poveretti morti per la pandemia e lasciati ancora in giro a marcire, di tenere un censimento aggiornato degli abitanti o di istituire un corpo di Polizia ed uno giudiziario perché in teoria sono tutti Buoni da quella parte, ma in pratica… Aye. Da questo punto in poi della storia la trama si rimette in marcia e arrivano colpi di scena che includono in primis Abby che sconvolge tutti con una scelta inaspettata, ma poi anche Harold e Nadine ad esempio. Di nuovo Nadine. La parte in cui si racconta della sua esperienza al college con la planchette ed il momento in cui se ne va da sola per le montagne, immersa nel buio e tira fuori, appunto, una tavoletta per gli spiriti è davvero uno di quelli che non può lasciare indifferenti. Così come non si può non gioire per il ritorno del dolcissimo cagnolone Kojak o non restare col fiato sospeso quando Fran viene quasi scoperta durante la sua capatina a casa di Harold. C’è addirittura una parte di spionaggio che include un piano molto pericoloso ed azzardato ideato da Nick che vede come protagonista anche il buon Tom. Sono totalmente presa dagli intrighi, dai tradimenti, dai progetti di entrambe le parti che a volte mi dimentico che sono a Gilead e che quelle avventure le sto solo leggendo e non vivendo io stessa. Perché questo si rischia: si cade nella storia e poi per uscirne ti devono prendere a bastonate. Ma è difficile che qualcuno ti svegli dall’ipnosi quando sei sola a casa, in quarantena, per via di una pandemia a tua volta. Quindi non puoi far altro che continuare a leggere fino a quando il tuo bel gatto Cal, per chiederti il salmone, si affila gli artigli sulla tua gamba e, almeno, ti dà una svegliata. Grazie Cagliostro! Ahia comunque…
Penna, carta e calamaio.
Come ormai abbiamo imparato bene in queste nostre chiacchierate, le parti finali dei romanzi di Stephen King sono un concentrato di avvenimenti che non lasciano certo indifferenti. L’ombra dello scorpione non è diverso dagli altri, anzi. Tutto quello che è stato impostato all’inizio e sviscerato nella parte centrale, ovviamente, deve avere una chiosa e questo viene tradotto con un infittirsi di eventi, faccia a faccia tra i protagonisti, scontri, tradimenti o atti di coraggio, anche inaspettati, sviluppi e circostanze che affollano il cervello tanto che se vi munite di blocchetto e matita e prendete appunti, non sbagliate. I fatti si susseguono uno dopo l’altro velocemente e sebbene per il momento siamo sempre nella Zona Libera, Randall Flagg, tra una crocefissione e l’altra, non smette di far sentire la sua presenza anche a centinaia di chilometri di distanza tramite la sua coppia perfetta, i Nadine ed Harold di prima ovviamente. Tramite loro, anzi, attraverso di loro, riesce a scoprire molte più cose sul gruppo di Abby che le famose spie inviate da Stu & Co. riescano mai a fare. Senza contare che può usare la sua facoltà di vedere a distanza con il suo Terzo Occhio, col quale viene a sapere moltissime cose. Quel Flagg ne sa davvero una più del Diavolo… e stavolta non è un modo di dire. Ma tornando alle tre spie scelte dalla Zona Libera per andare ad Ovest, il mio cuore non può non simpatizzare soprattutto per una di loro, il dolce Tom, Tom il Puro e non può non versare diverse lacrime notando che la sua espressione si è rattristata nel momento in cui ha realizzato che è ora di andare, è ora di partire. Viaggia di giorno, dormi di notte e non farti seguire da nessuno, gli ripetono. Perché? Perché avete scelto proprio lui? Mi sembra un’ingiustizia, mi pare che sia come gravare un bambino di una responsabilità troppo, troppo grande. E’ come dirgli scendi nella gabbia dei leoni e recupera il gelato caduto ma non farti sbranare. E li vorrei prendere tutti a schiaffi, i Magnifici Sette del comitato delle mie tasche (in realtà Fran era contraria) per aver votato a favore di quella balzana idea. Ma ho anche fede che la purezza di Tom Cullen, la sua bontà, e le sue doti (anche il piccolo Joe pare avere facoltà molto speciali) che sembrano essere molto più singolari di quelle di tanti nella Zona Libera e molto simili a quelle di Mother Abagail, potranno in qualche modo proteggerlo e salvarlo. Sarebbe davvero bellissimo se Tom alla fine si dimostrasse il migliore di tutti loro. Intanto in uno dei primi parti post pandemia due gemellini venuti al mondo non ce l’hanno fatta e Frannie non può evitare di sentire un dito gelido di terrore premerle contro il cuore e a ragione, perché ad un certo punto la Morte entrerà ancora prepotente nella Zona Libera e lo farà con uno scoppio, portandosi dietro anche personaggi che avevamo imparato a considerare persone di famiglia.
La Compagnia dell’Anello nell’era di Randall Flagg.
Più di una volta nella parte finale del libro rimango a bocca aperta, dalla sorpresa, dalle cose che accadono, dai colpi di scena e dai pianterelli sparsi che per vari motivi mi commuovono. Ma soprattutto, intreccio a parte, quello che mi sciocca più di tutto è trovare o ri-trovare l’umanità. Un’umanità che più variegata di così non si può, che conta ogni rappresentazione dell’animo. Ci sono gli uomini e le donne di Dio ma anche dell’Opposto, ci sono i violentatori e gli ubriachi, i lussuriosi e i mansueti, i generosi, i lavoratori, gli ottimisti e gli uomini di legge così come i disadattati, gli emarginati, i pericolosi, gli assassini e le eroine come Dayna. Tutti, ci sono proprio tutti e con il loro operato imbastiscono un romanzo che non è più un thriller apocalittico, né un horror o un racconto di spionaggio. L’ultima parte de L’ombra dello scorpione di Stephen King è fatta di fede e magia bianca. Fede e magia, magia e fede, due cose così distanti che però si fondono ed è impossibile distinguere l’una dall’altra. Queste sono le uniche armi che sembrano essere rimaste a Stu, Glen, Larry e Ralph, insieme alle convinzioni, le convinzioni che li devono sorreggere nel deserto mentre vanno ad incontrare Randall Flagg per l’ultimo viaggio. Quindi niente armi, niente esercito alle spalle? Solo quattro uomini, un cane, e la fede che vada tutto bene? Così pare, così sarà. Tutto è stato apparecchiato per questo momento. Dalla prima pagina, in una sorta di Compagnia dell’Anello mentre si va verso Sauron ed il Monte Fato (come SK stesso cita ad un certo punto), gli amici che abbiamo imparato a conoscere, vanno, ignari che anche Tom è già all’opera. Beh, anche Tom è ignaro di essere già all’opera, ma diamine se non darà filo da torcere a tanti!
Nella tana del Kraken.
Ed ecco Las Vegas, ecco Randall Flagg, ecco la fine. Dayna apro il paragrafo pensando a te, al tuo ultimo sacrificio e ringraziandoti anche se mai nessun grazie potrà essere abbastanza. Forte, lucida, combattiva, coraggiosa, hai tenuto testa al Mostro come nessuno al mondo prima di te, sorprendendo tutti, Flagg per primo. Harold, su di te non so che dire, forse ti meriti la fine che hai avuto, forse no, ma cosa potevi aspettarti dalla sposa dell’uomo nero, saluti e baci? E… Tom, Tom! Incontrarti e leggerti è un sentimento di gioia che scalda il cuore in particolare perché RF non ti vede, non ti vede Tom quindi corri, corri che la luna è piena! No, non sono impazzita cari coloni miei. E’ che l’immedesimazione è tale che in ogni pagina si sospira di sollievo se un pericolo è scampato, si piange di tristezza per la fine degli amici, si ha paura di ogni gesto di Flagg, si teme per quello che accadrà, si distoglie lo sguardo quando le scene sono troppo forti perché appaiono ben disegnate davanti agli occhi, si esulta quando i piani dell’uomo nero non vanno come lui ha sperato, quando si intuisce che anche i buoni hanno qualcosa da dire e quando si arriva a leggere che Randall Flagg ha paura, sì paura, si esulta come se ci avessero appena regalato un Nobel.
Si arriva sempre all’ultimo punto. Punto.
L’ombra dello scorpione riesce a entrarti dentro. Più si legge più si ha fame, una fame incontrollata di parole, di frasi, di pagine, che alla fine, nonostante tu te ne sia lasciata dietro ben 950 ti sembrano poche. Ma com’è possibile? Non lo so, dev’essere la magia bianca di Abby o il grande talento del nostro Re. Tutte e due le cose assieme credo. Quel che è certo è che non potete assolutamente farvi scappare questo libro, no, non potete (anche se il finale, ci ha fatto storcere un po’ la bocca perché pare non essere all’altezza di tutto il resto). Ci sono in ballo troppe cose, troppi argomenti, troppi sentimenti ed emozioni che ci riguardano. Quelle belle e quelle brutte. Almeno una volta nella vita, come ho già detto, questo è un romanzone che si deve leggere e se si ha la possibilità di rileggerlo due volte a distanza di qualche anno, credetemi, ne vale lo stesso la pena. Si capiscono cose che nella prima lettura erano andate perse, si vede la storia in una prospettiva diversa visto che nel frattempo gli anni sono passati e noi siamo cambiati con il tempo, ci si gustano di più alcune situazioni, alcuni dialoghi e battute e quando si torna a trovare alcuni amici che avevi un po’ perso, il calore del sentimento che ne deriva è capace di tenerti al caldo per un bel po’.
Bene, vi saluto anche io, felice di aver vissuto quest’avventura con tutti voi. Vi rimando alla prossima lettura, magari un po’ più breve di questa e spero di sentirvi presto con commenti o messaggi.
Lunga vita alle vostre messi cari coloni sperduti,
Sempre vostra,
D.D.
Dolores Deschain