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La Zona Morta

La Zona Morta

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Lunga vita alle vostre messi, cari coloni sperduti. Come diceva una delle canzoni più struggenti dell’era post moderna: l’estate sta finendo e un anno se ne va.

Per salutare quindi mare e infradito oggi parliamo di un classicone one one: La zona morta.  Anche il film tratto dal romanzo, The Dead Zone, ormai è diventato un cult. Uscita nel 1983 la pellicola annovera tra le sue fila un signore attore nei panni del protagonista, Christopher Walken, ed un regista quale David Cronenberg che ricordiamo soprattutto per uno dei film che ci ha disgustati per anni, ovvero, La Mosca. Ma torniamo al libro. Sapete che con i classiconi non si scherza, soprattutto, i classiconi vanno rispettati perché con la loro solidità narrativa contribuiscono a creare le fondamenta dello stile di un qualsiasi Autore. Puoi averli già letti o anche averne solo sentito parlare ma, ma, ma, ma, ma, leggere l’originale è tutt’altra cosa. Facendo rapidamente i conti, il romanzo che speriamo starete stringendo tra le mani ha più di quarant’anni, dimostrando però di essere ancora un giovincello. Questa è la forza dei classiconi ben riusciti. Lo so, anche voi vorreste avere quarant’anni e dimostrarne venti, chi non lo vorrebbe. L’immarcescibile Re con queste pagine oltre a rispondere affermativamente alla domanda se ne aveste la possibilità, cambiereste il futuro, racconta anche la salita al potere di un presidente americano a dir poco fuori di testa che, dopo quarant’anni dall’uscita, vede quasi una reincarnazione in Donaldone Trumpone che con King non fa altro che scambiarsi vicendevoli e viscerali insulti. Come?! Non avete pensato a Donaldone Trumpone?! Allora avete letto un altro libro.

You are Leaving The Spoiler Free Zone: Coloni avvisati….

Alla fiera dell’Est per due soldi un topolino mio padre comprò…

Appurato che La zona morta è uno dei titoli più conosciuti di Stephen King, il libro ci fa subito incontrare il piccolo Johnny Smith. Eccolo qui JJ, sei anni e una voglia matta di fargliela vedere a quell’antipaticone di Timmy Benedix e la sua fissa di pattinare all’indietro. Il nostro JJ ci sta già un sacco simpatico anche solo come attitudine e dolcezza e crediamo ci regalerà molte soddisfazioni. Il bimbo non ci smentisce ed a seguito di una bruttissima caduta sul ghiaccio e relativa botta in testa, ci lascia un piccolo assaggio delle sensazioni particolari che lo vedranno protagonista in futuro. Chi proprio non possiamo sopportare, invece, e già fin da pagina 14 della nostra edizione del libro, è tale Greg Stillson che nel suo peregrinare da venditore porta a porta, incontra un cagnetto come tanti e dimostra di essere più animale del quadrupede facendolo fuori. Non facciamo in tempo a lanciare vari anatemi contro Stillson che, come solo nei libri/macchine del tempo di SK può accadere, ci ritroviamo con Johnny ormai adulto, insegnante di liceo, che accompagna la sua ragazza Sarah ad una fiera. La fiera da una parte sembra identica a tante colleghe americane sparpagliate per il territorio a stelle e strisce, dall’altra segnerà indelebilmente le vite dei due in modo più o meno diretto. Ecco, la storia è iniziata davvero, aye. Sarah dalla fiera dell’Est riporta una sorta di congestione che le fa passare un brutto quarto d’ora, Johnny invece si becca un coma di quattro anni a seguito dell’incidente che ha col taxi che lo riporta a casa. Il ché è un po’ peggio di un brutto quarto d’ora a seguito di una qualche congestione. Qui il primo quesito che ci poniamo, perché JJ ha chiesto al tassista di sedersi davanti con lui?  Si sarebbe potuto salvare dal coma se fosse rimasto al suo posto come un qualsiasi cliente? Predestinazione? Sfiga? Semplicemente la storia che deve intrecciarsi? Who knows…

Dark Superman

Mentre andiamo avanti a leggere ci accorgiamo che per questo romanzo Stephen King usa uno stile di scrittura semplice, lineare, essenziale, a volte addirittura scarno. La forza delle frasi così dritte, d’altro canto, permettono a lui di disegnare velocemente il quadro della situazione, dei personaggi e dell’intreccio della vicenda, e a noi di calarci subito e totalmente in quella che sarà l’atmosfera della storia. Possiamo così affezionarci ai protagonisti oppure odiarli e riusciamo quasi a  vedere ritratte le scene che il Re ci descrive. Se non è forza evocativa questa, non sappiamo proprio quale potrebbe essere cari coloni nostri, sperduti o no. Vero? Dite di sì. A questo punto siamo così concentrati su Johnny e su quanto gli sta capitando che a quell’antipaticone di Timmy Benedix e la sua fissa di pattinare all’indietro ormai ci pensiamo solo fugacemente, ma soprattutto quasi cadiamo dalla sedia traumatizzati e sbigottiti dall’arrivo dell’assassino che si crede un Superman. E che barbaramente miete la sua prima vittima. Povera, povera Alma Frechette, avremmo voluto gridarle di non fermarsi, di non fidarsi di quell’uomo ma per quanto ci siamo sforzati di urlare forte non ci ha sentiti, separata da noi da più di quarant’anni di distanza. Così è andata incontro alla sua terribile sorte. Alma Frechette non rivedrà mai più il volto del proprio padre o forse lo rivedrà a casa dell’Uomo-Gesù.

Una vita, mille vite, cinque anni.

Ecco che, sempre a cavallo della macchina del tempo, pagina dopo pagina passano quasi cinque anni. L’assassino che si crede Superman ha fatto carriera diventando lo Strangolatore di Castel Rock. Sarah ormai ex di Johnny ha cambiato vita, stanca di aspettare che il suo una volta grande amore tornasse nel mondo dei vivi. I genitori del nostro JJ, Herb e Vera, hanno i loro bei casini da gestire soprattutto per colpa di Vera, una picchiatella niente male e la sua voglia di affiliarsi a sette religiose mangia soldi e svuota cervello. Greg Stillson l’ammazza cani è diventato vicesindaco. I politici americani combinano un sacco di pasticci e Johnny Smith si sveglia dal coma. Ta-daaa! Nel momento stesso in cui il nostro protagonista apre gli occhi la ricerca del tempo perduto peserà su di lui come un carico di mattoni (citando il libro). Ari-ta-daaa! La zona morta a questo punto irrompe con tutta la sua forza narratrice. La trama si sbroglia diligentemente e sapientemente e cresce a ritmo regolare. Fa il suo lavoro e macina, macina, macina pagine su pagine senza fermarsi o indietreggiare ed il lettore, che per King o è Fedele o niente, segue la strada che è stata disegnata per lui (o dipinta, se fossimo a Duma Key. E lo fa sapendo che non c’è niente di meglio che lasciarsi guidare su questa strada che a volte segue sentieri in pieno sole ed altre in pieno buio. Ovvio.

Un regalo non richiesto.

Dunque, a questo punto possiamo affermare che svegliarsi da un coma dopo quasi cinque anni apparentemente è una cosa fantastica. Hip hip urrà per Johnny! Si riabbracciano i propri cari, si rivede la luce del sole, i cieli limpidi, il canto degli uccellini, la musica alla radio, l’acqua fresca in un bicchiere di vetro, ma, soprattutto, si è vivi, hip hip urrà per Johnny appunto. Ma qual è il prezzo che deve pagare il nostro JJ per tutto questo? Beh il prezzo è alto e consiste nel non avere più l’amore di cinque anni prima, nel sottoporsi ad operazioni dolorose che ti conciano come un colabrodo e ti tagliuzzano anche là dove non batte il sole, nel fare una fisioterapia altrettanto sfiancante, nel non riconoscere il proprio Paese, nel ritrovarsi le stesse funzioni motorie e corporali di un cactus e poi, non secondariamente, nel toccare persone ed oggetti e vedere il loro passato ed il loro futuro. Hip hip hip triplo urrà per Johnny. Il nostro protagonista dunque si ritrova ad essere un preveggente ed anche di quelli belli potenti. Inizia così, proprio dalla stanza di ospedale, la carriera di JJ come il master dei veggenti, tipo cintura nera. Ovviamente la notizia fa il giro del mondo e Johnny diventa super famoso. Famosissimo. Troppo famoso. Dunque, visto che il dono della chiaroveggenza è uno dei più importanti in assoluto e tutti vogliono diventare famosi, perché lui che ha entrambe le cose non è contento???

Il prezzo da pagare.

Non la vorrebbero forse tutti una dote così? Un superpotere alla Marvel? Sì, forse, ma non Jonny Smith che per alcuni ha vinto una sorta di Lotteria ma per noi che lo seguiamo nelle sue disavventure sappiamo che ha più che altro perso. Il nostro JJ insomma più che vedere il passato o il futuro degli altri, magari gradirebbe non elemosinare una dose di morfina o non restare a letto inzuppato dalla cintola in giù della propria urina, evviva la pipì. Cari coloni sperduti, insomma non aspettatevi da La zona morta un supereroe figo tutto muscoli e mantello, tempra d’acciaio, coraggio o fascino da vendere (anche se i supereroi attuali non sono propriamente l’esempio migliore di virtù, vedi la serie The Boys, Prime Original). No no, niente di tutto questo, Johnny Smith è un uomo normalissimo che ha avuto la fortuna di scampare ad un incidente mortale con la sfortuna di un sacco di accidenti secondari, incluso la doppia vista. Volente o nolente dovrà fare i conti con la sua situazione, fisica e mentale e cercare di capire come mai questa sua dote così incredibile pare avere un limite, una zona invalicabile, inaccessibile persino a lui. Una zona d’ombra, una zona morta, come la chiama, oltre la quale la sua vista spirituale non può andare. Perché gli è proibito entrarci? Perché nelle sue visioni ci sono punti oscuri che non può in alcun modo vedere?

Intanto a Castle Rock

Mentre cerca di rispondere a queste domande e tenere a bada non solo chi gli offre rubriche su riviste e tv, ma anche molta gente che vuole ritrovare dal cagnetto scomparso alla fede nuziale persa, il nostro eroe riceve una telefonata dallo sceriffo di Castle Rock incaricato di fermare un mostro. Che mostro? Dai, ci siete arrivati, si tratta della nostra vecchia conoscenza, lo Strangolatore (di Castle Rock, appunto) che negli ultimi anni è diventato davvero inafferrabile (e c’è una motivazione per questo). Da questa telefonata in poi le cose cambieranno radicalmente per Johnny e si aprirà una parte di vita ancora più scura e tenebrosa di quella che ha vissuto negli ultimi tempi. Che fare? Aiutare lo sceriffo o no? Ma se se ne stesse rinchiuso in casa facendo finta di non sapere che può benissimo essere utile alle indagini, non sarebbe più mostro del killer? Ecco che JJ si pone mille domande ma la sua coscienza risponde a gran parte di esse e lo conduce in un sentiero che lui stesso ha già imboccato fin dal primo momento in cui ha sentito la voce dello sceriffo. Lungo questa strada Johnny non incontra solo lo Strangolatore ma una seconda figura cruciale per l’epilogo della storia. Chi sarebbe dite? Un altro vecchio compare, l’ammazza cani Greg Stillson che avevamo fatto bene ad odiare da pag. 14. Il nodo Smith-Stillson sarà cruciale per John, cruciale fino a diventare decisivo… Finendo la lettura del romanzo abbiamo capito che a volte accettare la realtà si dimostra la cosa più difficile che ci possa essere, soprattutto se la realtà che andiamo ad indagare non ci piace manco pè niente. Genitori appassiti, amori perduti, criminali che  per anni la fanno franca e politici che potrebbero causare una Terza Guerra Mondiale da un momento all’altro, se non fermati. A ben vedere, una volta finito il libro, La zona morta ci è sembrato più un romanzo introspettivo che un horror, più un’investigazione psicologica delle pene degli uomini che un thriller. Certo, è sia un horror che un thriller, con il suo volto di umano e disumano che viene raccontato, ma il punto è, come accade quasi sempre con King, che le cose oscure che fanno davvero orrore risiedono sempre nell’animo delle persone vere, concrete, più che dentro quelle figure a metà tra il mitologico ed il leggendario che abbiamo caricato di connotati terribili.

Un Easter Egg in regalo.

Prima di chiudere vi lasciamo una curiosità, a pag. 144 della nostra edizione vecchiotta c’è un refuso di stampa, o una leggerezza, una distrazione, non sappiamo bene chi non se ne sia accorto a suo tempo: nel dialogo tra Vera, Herb e John in ospedale Vera viene indicata per errore come Sarah. Bene, è tempo di leggere La zona morta se ancora non l’avete fatto, perché ancora non lo avete fato? Da parte nostra vi auguriamo lunghi giorni e piacevoli notti come sempre e come sempre vi salutiamo con affetto.

Alla prossima, Vostra affezionatissima

Dolores Deschain

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