Billy Summers
Il verdetto di Dolores per Billy Summers è di:
Cari coloni sperduti, lunghi giorni e piacevoli notti, due volte tanto.
Il mese di Ottobre 2021, ei fu, ci ha consegnati al collega Novembre carichi carichi di zucche grosse come trattori, pet fantasma che ci sono venuti a salutare nella notte del 27 (sono venuti anche da voi?), dibattiti sulla terza dose e… Billy Summers. Ora, se tutto il resto è stato ed è tutt’ora, alla vigilia del Natale 2021, ancora incerto e in discussione, Billy Summers – almeno quello – ce lo devono far godere, aye. Abbiamo aspettato tanto, stalkerati in loop su ogni piattaforma esistente dalla copertina con la macchinina rossa che arranca sullo squarcio letterario, ed ora eccoci qui, finalmente.
Trattasi non di horror ma di una spy story con tanta azione ed anche un po’ di quando c’è sentimento non c’è mai pentimento. Vi anticipiamo che stavolta per il finale il Re si è impegnato. Tanto discusso, a ragione, per epiloghi tremendi, nel caso di Billy Summers, invece, King ha dato il meglio. Sempre secondo il nostro modestissimo parere. Diciamo che ha cominciato a concludere quel che doveva molto prima della fine, dando giustizia alla trama e anche ai protagonisti. Aye, vamos allora!
You are Leaving The Spoiler Free Zone: Coloni avvisati….
Le prime.
Fin dalle prime pagine lo stile di scrittura salta subito agli occhi. Abbiamo avuto la sensazione di trovarci a leggere The Outsider o il racconto Se Scorre il Sangue, dell’omonima raccolta, quello con Holly Gibney protagonista e voi sapete che sempre cara ci fu quest’erma Holly. Quando Stephen King scrive in questo modo, l’abbiamo ripetuto spesso, ed entra nel romanzo psicologico e di azione, sappiamo che ad un certo punto ci sarà il cambio di marcia e tutto si svelerà velocemente. A volte anche lasciandoci sorpresi, proprio come nel caso di questo romanzo. Intanto, nel libro che porta il nome del protagonista come titolo, incontriamo alla riga 1 di pagina 1 del capitolo 1, Billy Summers, ma dai? Noi di Summers ai tempi che furono conoscevamo Buffy l’ammazzavampiri e ci piaceva un sacco.
Le successive.
Per autodefinizione Billy Summers è una brava persona che fa un lavoro sporco. No, non lava i panni sporchi degli altri, ammazza gente su commissione. Oh, beh, allora forse sì, lava i panni sporchi degli altri. Accade che dopo diciassette ingaggi andati a buon fine, il nostro BS con l’alter ego scemo, sempre per sua definizione, si stanca del suo lavoro e si concede un ultimo colpo di fucile prima di andare in pensione anticipata. Per questo ultimo contratto al nostro cecchino di fiducia, ancora più bravo a sparire dalla scena del crimine che a sparare da sniper, viene fatta un’offerta a dir poco esorbitante. Con una copertura che dopo le prime riserve gli sembra davvero buona. Fingersi aspirante scrittore, piazzare le tende in un palazzo che gli regala la giusta traiettoria di fuoco, vivere nel frattempo da buon vicino nella casa che gli è stata comprata e poi beccare in fronte il suo obiettivo e tanti saluti al secchio, ma con due milioni di dollari in più sul conto. Dopo aver fatto l’ennesima magia alla Houdini ed essere svanito dal nulla, questo per definizione di chi l’ha ingaggiato. Già, ma chi sono i mandanti del lavoro? E chi è l’obiettivo? E perché c’è bisogno che BS resti nei paraggi per mesi prima di sparare il proiettile letale? Ma soprattutto, Billy si può davvero fidare di chi ha accanto? Belle domande, bravi. L’obiettivo è un uomo cattivo perché BS ammazza solo gente cattiva per una sorta di sgangherato codice deontologico alla Robin Hood che ruba ai ricchi per dare ai poveri, lui spara ai cattivi ingaggiato dai cattivi ma non si dica che becca gli innocenti. Billy ci teniamo a informarti che sempre killer sei, non una ballerina, non un macellaio, non un venditore di macchine. Ma killer, sappilo. I tuoi “ingaggi” prima di essere “ingaggi” erano persone. Alla fine Billy stesso trova il coraggio e l’onestà di ammetterlo: fa parte dei cattivi tanto quanto la gente che ammazza o che lo paga per sparare.
Ouverture di un assassinio.
A passare lo stipendio a Billy sono un paio di losche figure: Nick Majarian e Giorgio Piglielli (ovviamente in odore di mafia italoamericana, dai, però, ancora?) che sembra abbiano dietro altre losche figure capitanate da altre losche figure. Chetelodicoafare. Una piramide altissima di gentaglia al cui vertice non crederete mai chi si è seduto. Ma ogni cosa a suo tempo, che siamo solo all’inizio. Il gruppo di disonesti, dicevamo, vuol fare fuori tale Joel Allen, un hitman pure lui, ma in possesso di informazioni scottanti che potrebbero incastrare molti dei loschi di prima. Allen promette di spiattellare tutto quello che sa ai federali come garanzia che gli lascino la testa ancora saldamente attaccata a collo, spalle, corpo. Per discutere processo, estradizione e compromessi vari, entro una data non precisata si troverà proprio davanti le scale del tribunale dove si discute la sua sorte, ma soprattutto sulla traiettoria di tiro del nostro BS. Vicino vicino la finestra dell’ufficio dove finge di scrivere il libro, guarda tu il caso. L’ufficio è di proprietà di un certo Ken Hoff, un Donald Trump di provincia, che Billy odia fin dal primo incontro e che riconosce essere il capro espiatorio di tutta quella messinscena a copertura dell’omicidio Allen. E cosa accade a un certo punto? Che Billy accetta il pacchetto completo e, udite udite, a scrivere ci si mette davvero!.
Uno, nessuno, centomila…
Quello che Billy Summers scrive nei panni di David Lockridge (la copertura ufficiale di quei mesi), noi privilegiati lettori lo possiamo leggere. Se anche forse non siamo gli unici a sbirciare perché il computer di Summers è stato di certo clonato dai loschi figuri, il fatto di leggere King che scrive come Summers che scrive come il suo alter ego stupido che scrive come David che a sua volta scrive di Benjy Compson ci piace un sacco. E ci piace ancora di più l’idea di leggere un libro dentro un libro e noi ne abbiamo pagato solo uno! Sciccheria. Quindi si prosegue con la storia che comincia a sdoppiarsi ma anche triplicarsi. Da una parte c’è BS che si occupa di tutta quella roba che piacerà tanto agli amanti del genere spionaggio: travestimenti, baffi finti, pancioni da donna incinta riservati ai maschi che vogliono provare come ci si sente a fare le donne incinte, piani da ideare, contro piani da mettere in atto. Dall’altra c’è BS che scrive e più scrive più si rende conto di essere uno scrittore, spalancando al tempo stesso le porte del passato e dei ricordi. Un passato che gli fa male ma lo tonifica pure, come il vento gelido.
…più uno.
A questo punto arriva l’estate e Billy è sempre più immerso nella vita “normale” di buon vicino e di buon scrittore, tanto che in cuor suo comincia a sperare che l’assassinio che deve compiere svanisca nel nulla per la mancata estradizione di Allen o per qualsiasi altro motivo. È il momento di conoscere l’ennesimo alter ego dell’alter ego dell’alter ego di Billy Summers, ovvero Dalton Smith. Chi è costui? Non Carneade ma l’identità super pulita e super sicura che BS ha impiegato ben cinque anni a far nascere e che spera gli assicurerà di poter sparire davvero come Houdini alla fine di tutta quella storia, alla faccia di quanto hanno già preparato per lui Nick e Giorgio. Billy si augura di non rimanere fregato o peggio assassinato da loro e noi ci auguriamo che le false identità siano finite qui perché cominciamo a perderne il conto. Ma BS è un pro e il conto non lo perde e anzi si giostra alla grande tra travestimenti, coperture, doppi fondi di valigie e nascondigli/tana in un quartiere tranquillo dove trasloca con le sembianze contraffatte di Smith. Smith, un cognome che tradotto sarebbe Laqualunque. Con grande lucidità Summers riesce a tenere i piedi in almeno sette scarpe (noi non sappiamo neanche gestire due profili social) e trova anche il tempo di giocare a Monopoli con i figli dei vicini di casa, la casa che ha preso come David Lockridge.
Dieci motivi per andare, uno per restare.
La situazione è complicata e nonostante il piano sembri solido e sicuro Billy ha molte riserve proprio perché il piano sembra troppo solido e sicuro e soprattutto lo ha ideato qualcun altro per lui. Diciamo che realizza di non essersi messo esattamente in affari con scolarette di prima media. Potrebbe fare le valigie e sparire nei panni di Smith se non fosse che una cosa lo spinge a rimanere: non i soldi, non la vita apparentemente tranquilla da falso vicino che si è costruito, ma la scrittura. Scrivere gli piace molto, lo ha contagiato in modo buono e per la prima volta in vita sua BS sente il potere venirgli da qualcosa che non sia un’arma. Nonostante sia sul pezzo, Summers, che ha tre telefoni in ricarica sul comodino, uno per ciascuna delle sue identità, a malincuore a un certo punto deve lasciare la storia romanzata della sua vita perché arriva il momento di usare l’oggetto occultato nel vano del muro nel suo ufficio. Noi ammiriamo la sua gestione di tutto il piano e lo guardiamo mettere a punto l’outfit da tale Colin White della Business Solutions che si augura di poter usare per farla in barba a tutti e svanire nel nulla a cose fatte e rintanarsi nel suo rifugio.
Giovedì.
Il giorno della verità sta in mezzo la settimana perché è un giovedì. Billy si alza alle cinque del mattino (anche noi ci alziamo alle cinque ma non dobbiamo ammazzare nessuno) e distrugge meticolosamente tutto quello che ha avuto a che fare con le varie vite di copertura che l’hanno portato fino a quel giorno. In cuor suo sa che l’unico epilogo di quei tre mesi è sparare e poi, per salvarsi la pellaccia perché è certo che Nick non lo voglia più in giro, fuggire e ricominciare una vita come Dalton Smith. E’ quello che spera, ricominciare una vita che presuppone l’essere vivo, mentre appende il cartellino “ho una scadenza da rispettare si prega di non disturbare” alla porta che ha quella finestra speciale che guarda dritto dritto la scalinata del tribunale lì di fronte. La scadenza si chiama Joel Allen e gli resta poco da vivere. Quattro ore e mezza, esattamente, perché alle 9:30 William Summers spara, centrando il bersaglio. Da quel momento tutto è compiuto e Billy inizia la fuga. Travestito da White scappa e raggiunge il suo appartamento/tana che lo ospiterà per diversi giorni. Fino a quando le acque si saranno calmate e sia la polizia sia Nick, lo penseranno altrove. Questo appartamento/tana ha la sua finestra-periscopio che per una volta non gli serve per sparare ma per controllare la strada e stare al riparo. Da quando si chiude la porta alle spalle comincia il limbo dell’attesa. Le ore successive confermano che Nick ha tolto di mezzo sia Hoff che Giorgio Piglielli (anche se poi si scopre che è uno stare fuori dai giochi diverso dalla morte) e al nostro BS non resta che riprendere la storia, ora diventata sua e non più di un personaggio inventato. La cosa lo coinvolge a tal punto che scrive per quattro cinque ore consecutive ad ogni sessione di scrittura e sempre, alla fine, si sente sì stanco, ma anche dannatamente bene. Per quanto riguarda la storia in sé, invece, al momento non ci piace un granché, ma questi sono gusti personali. Perché? Perché la parentesi limbo dell’attesa ci sembra spezzare molto l’andamento della trama che invece stava correndo bene. Certo, in questo modo King ha la possibilità di raccontare di Phantom Fury, del passato di BS e di molto altro, ma quello accaduto al Summers giovane non ci sembra arricchisca quello che stiamo leggendo. Lo rallenta proprio.
Alice.
Ma BS non ha fatto i conti né col destino né con King (neanche noi). Perché in una sera buia e tempestosa arriva Alice (per noi l’unica Alice degna di tale nome è Alice di Resident Evil, sorry Stephen). Chi è Alice? una ragazza che viene letteralmente gettata in strada come un sacco di patate da tre uomini che se ne disfano dopo averla picchiata e violentata. E questo ci dispiace moltissimo, aye. Per non rischiare visite dalla polizia, Summers la porta in casa e le presta le prime cure del caso. Viene fuori che Alice lo riconosce come il killer del tribunale ma invece di fuggire gli chiede di restare con lui. Mmmmhhhh…. Non è tutto, i due diventano quasi amici, lei non scappa e anzi lo prega di portarla con sé al momento di lasciare l’appartamento perché pian piano risulta chiaro che da quasi amici diventano innamorati (platonici e con un pizzico di sindrome di Stoccolma). Mmmmhhhh… Non basta! Billy decide che deve farle giustizia e da’ una bella lezione al trio che le ha fatto del male. Siamo assolutamente d’accordo con quest’ultimo fatto, bravo Billy menajie de brutto. Fatta vendetta i due partono in direzione del rifugio di Bucky (l’intermediario amico di Billy) raggiungendolo lassù sulle montagne tra campi e prati in fior. Mmmmhhhh… Il rifugio è proprio nei pressi di un certo hotel infestato dai fantasmi, andato a fuoco…. Capito quale??? Ovvio che sì visto che siete i nostri coloni. Hotel di guardiani notturni che sbroccano e tentano di ammazzare moglie e figlio a parte, abbiamo capito a questo punto che la trama non rallentata, ha proprio preso una via diversa.
Uno scioglilingua tra di noi.
Bucky conferma che i loschi figuri che hanno orchestrato l’omicidio di Joel Allen, dopo Hoff e Piglielli vogliono togliere di mezzo anche Billy. Lui chiede chi mai vorrebbe assassinare un assassino che ha assassinato un altro assassino e l’intermediario risponde sopra la panca la capra campa (giuriamo, guardate il libro), come a dire, non lo so ma tant’è. Appurato che Billy Summers è ricercato da polizia, FBI, e da almeno una decina di diverse organizzazioni criminali e appurato che poco se ne importa, l’american sniper decide di organizzarsi al meglio che può e andare a riprendersi la fetta di compenso che non gli è stata ancora saldata. Intanto Bucky fa amicizia con Alice e BS, prima di buttarsi a capofitto nello scontro con Nick, continua il suo romanzo in una specie di piccolo chalet nei pressi della casa dell’intermediario. Qui campeggia un quadro con le sagome delle siepi dell’Overlook Hotel e su di lui fanno un effetto strano, tanto che lo gira verso il muro e buonanotte. Deciso il da farsi e procuratosi l’occorrente per l’epilogo della storia, Billy e Alice salutano Bucky e poi si salutano anche loro perché è arrivato il momento di andare a fare quattro chiacchiere con l’uomo che prima ha assoldato Billy e poi ha cercato di farlo fuori. Dritto dritto nel covo del brigante in un posto che si chiama Promontory Point, nella zona dove bazzicava tale Randall Flagg (che ricordi!). Alice si fa forza e spera di rivederlo, Billy spera di rivedere lei e parte verso la sua meta travestito da messicano di mezza età con tanto di abbronzatura, parrucca e cappello liso.
Ultime e ultimissime
E qui si cambia registro alla grandissima. Menomale! Fino alla fine è azione al cento per cento. Sembra di nuovo di leggere un libro diverso. E siamo a tre. Scelte azzeccate, molta fortuna e le cose che si incastrano come devono, ed ecco che Billy vendicatore mascarato riesce nell’impresa di scovare Nick fin dentro casa sua mentre guarda una partita dei Giants. Non solo lo scova, ma riesce anche a farsi dire chi ha dato il via alla catena di ingaggi che hanno portato tutti fino a quel momento. Da questa rivelazione a dir poco scioccante in poi, che potrebbe aprire tutta un’ennesima trama parallela tanto è intricata, il romanzo si fa ancora più complesso, ma soprattutto entra in gioco Alice e lo fa in grande stile. Dimenticatevi la ragazza (giustamente) spaventata e traumatizzata dell’inizio e date il benvenuto a qualcuno di molto diverso. Mastro Stephen King sul finale stupisce così tante volte che si perde il conto. Non appena si forma l’idea di aver capito come vanno le cose si rimane un’espressione da ebeti sulla faccia perché ci si ritrova da tutt’altra parte con soluzioni letterarie furbissime. Per questo non continuiamo a spoilerarvi tutto quanto accade nelle ultime cento cartelle e ci fermiamo qui, perché quella conclusiva è la parte che vale tutto il libro e non abbiamo intenzione di rovinarvela. In definitiva Billy Summers è un romanzo che non ci è dispiaciuto anche se le uniche parti con un pizzico di inesplicabile sono quelle riservate alle citazioni dell’Overlook o del quadro con le siepi. Ma non importa perché questo libro non ha mai preteso di essere un horror.
Au revoir da qualche parte.
Si trova uno Stephen King narratore diverso, che secondo noi si è divertito un mondo nel raccontare le trovate da spia e alla fine ha deciso di dare al suo killer protagonista una sfumatura non del tutto negativa. Ha provato in qualche modo a redimerlo dal suo lavoro da persona molto cattiva dandogli qua e là diverse attenuanti. Noi, a fine lettura, ci portiamo dietro qualche domanda e la speranza che Alice ci regali magari in futuro una storia tutta sua. Intanto andiamo a girare il quadro di Blaine il Mono che abbiamo in soggiorno perché ci è parso si sia appena mosso.
Lunga vita alle vostre messi,
Vostra affezionatissima
D.D.
Dolores Deschain
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