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Misery

Misery

Contiene Spoiler, Coloni Avvisati...

Lunga vita alle vostre messi, cari coloni sperduti,

Da qualche parte ho letto – forse proprio in una prefazione di un romanzo di Stephen King – che ogni scrittore scrive di ciò che sa. Ergo se sei appassionato di legge scriverai romanzi con ambientazione legale, tipo Grisham per capirci. Se sei appassionato di storia ti trasformerai in un novello Follet. E se sei King? Se sei King, che più dell’horror ama solo scrivere, scriverai di scrittori che si trovano impantanati in situazioni spaventose, yar. Tantissimi dei suoi protagonisti infatti vengono presi dritti dritti dalla sua categoria  di appartenenza, gli “scribacchini” come lui stesso, in modo ironico, chiama sé stesso ed i suoi colleghi. Il romanzo di cui oggi chiacchiererò insieme a voi (e ce n’è tanta di roba da dire, tantissima), precisamente Misery, narra proprio le disavventure tra il famoso scrittore Paul Sheldon, nonché papà cartaceo dell’eroina Misery Chestain, ed Annie Wilkes, nonché una pazza al quadrato, anche al cubo direi, sua Ammiratrice Numero Uno.

 

Tratto da… La terra di nessuno.

C’è una terra di confine tra i romanzi di Stephen King e le successive trasposizioni cinematografiche (o per la tv) dei suoi lavori. “Tratto da…”, è da sempre una zona selvaggia, una lotta tra due mondi alla Westworld. Un Far West di registi e sceneggiatori fuorilegge che a volte mirano a salve verso il romanziere in questione e altre, invece, sparano in pieno petto con pellicole per niente fedeli al libro al quale si ispirano. Col risultato che non sempre vengono rispettati personaggi, ambientazioni o peggio ancora, i finali già scritti da King. Ne è un esempio storico il film culto del 1980 The Shining di Stanley Kubrick la cui conclusione (e non solo) non ha niente a che fare con quella del romanzo. Eppure parliamo di uno dei migliori film horror degli ultimi decenni che ha consacrato al grande pubblico l’ipnotico ed inossidabile Jack Nicholson nei panni del custode dell’altrettanto famoso Overlook Hotel, Jack Torrence. Stephen King stesso in merito al film ha rilasciato diverse dichiarazioni dicendo che Kubrick non aveva capito un tubo del suo romanzo, dichiarazioni alle quali poi il regista ha risposto affermando di averlo invece migliorato, ripulito e reso molto più profondo a livello di psicologia dei personaggi. Insomma, una bella sparatoria tra i due. Ma per non dimenticare il volto di nostro padre e tornare a noi e a Misery, consigliamo oltre che a leggere il libro di guardare l’omonima pellicola del 1990 con i mastodontici Kathy Bates e James Caan che in pratica hanno fatto tutto il film da soli. Sebbene in molti punti non si rispetti il libro c.v.d e ci si prenda un sacco di libertà, i due attori riescono ad esaltare i loro ruoli e a renderli molto credibili, così credibili che tutt’ora, guardando Kathy Bates a trent’anni di distanza dalla sua interpretazione, non si può non associarla ad Annie Wilkes. Un’altra ottima trasposizione cinematografica è Il miglio verde, 1999, con la magistrale interpretazione di Tom Hanks. Non altrettanto ottimo come gli altri ma almeno fedele alle pagine kinghiane è l’attuale Doctor Sleep.

 

Non è lo Sheldon di Big Bang Theory.

Dunque cari coloni, nel libro succede che il famoso scrittore Paul Sheldon ha terminato il suo inedito Bolidi proprio mentre è in attesa dell’uscita dell’ottavo ed ultimo romanzo della serie Misery, che lo ha consacrato nell’olimpo degli scrittori che possono vivere di rendita. Con Bolidi Sheldon si è del tutto distaccato dalle avventure amorose della bella ragazza di fine Ottocento, non solo, il mondo descritto nel libro che gli dà la libertà letteraria di sondare nuovi scenari, è fatto di auto veloci e corse, di gergo duro e a volte osceno, di fumo, di relazioni pericolose e sicuramente non c’è traccia di damigelle che si spostano in carrozza. Grazie al cielo si ripete in continuazione Sheldon. Paul con il suo inedito vuole definitivamente prendere le distanze da tutto ciò che è stata la serie della protagonista che gli avrà certo regalato notorietà e ricchezza, ma lo ha pure infastidito, scocciato, annoiato, seccato, stancato, irritato e disturbato al punto che la fa morire di parto e amen. Riposa in pace Misery e tanti saluti da Paul. Sì, lo scrittore è felice di aver fatto finalmente questa scelta. Felicissimo, sollevato e addirittura ha ritrovato tutta la grinta nello scrivere che sembrava aver perso nelle lunghissime stesure di capitoli e capitoli sull’eroina perennemente indecisa nello scegliere tra due ragazzoni, Ian e Geoffrey, di quelli che nelle copertine di libri dello stesso genere hanno lunghissimi capelli al vento, muscoli scolpiti e cavalcano destrieri selvaggi. Aye.

Mi presento. Sono la tua Ammiratrice Numero Uno, caro gambe rotte.

Ma Paul in tutto questo, ultimo romanzo da una parte e nuovo romanzo dall’altra, non ha fatto i conti con una donna molto particolare, Annie appunto. Che guarda caso, il giorno in cui lui esce fuori strada a causa di una tempesta di neve e si spezzetta tutte le ossa, è lì. Guarda caso riesce ad aprire lo sportello dell’auto e guarda caso se lo riporta a casa dove ha, sempre per caso, una scorta di antidolorifici, droghe e medicine di ogni sorta. Guarda caso poi Annie si dimentica di telefonare all’ospedale, di avvisare lo sceriffo, la figlia di Sheldon e anche la sua agente letteraria. Annie è proprio una con la memoria davvero corta (guarda tu, il caso) e non dice proprio a nessuno che ha trovato Paul. Paul che, in seguito, ripreso conoscenza dalla nebbia del dolore, non ci metterà nemmeno due secondi a capire che nel cervello di Annie è in atto una tempesta ben peggiore di quella che lo ha quasi ammazzato. 

 

Lui stesso guardandola pensa “la sua faccia era come un cielo capace di generare cicloni di punto in bianco”. Perché con la Wilkes un attimo prima sei lì che ti imbocca e ti cambia la padella se hai fatto pipì, un attimo dopo ti colpisce con tutta la sua forza di donnona sulle gambe già spezzate e ridotte come escrescenze aliene violacee, rigonfie e purulente. Scusate il dettaglio, ma ce vò. Dunque, strano a dirsi ma non tanto strano alla fine, sapendo come vanno le cose, più volte lo scrittore si rammarica di non essere morto nella sua macchina, sotto la neve e di aver incontrato sulla sua strada Annie che non si è riportata a casa “solo” lo scrittore Paul Sheldon, nar, si è riportata a casa il “suo” scrittore del cuore, il “suo” idolo, il “suo” Dio di Carta e lo gestisce con le capacità da (ex) infermiera e da matta patentata.

Kathy Bates in Misery Non Deve Morire
Kathy Bates in una scena di "Misery Non deve Morire": Fonte: CineFilos

Curriculum vitae di una serial killer.

Preciso che non dico che la donna è matta tanto per dire, nar nar, la donnona ha fatto vittime di tutte le età e di entrambi i sessi, in molti Stati della grande mamma America per arrivare addirittura a spargere sangue nel reparto pediatrico dell’ospedale dove lavorava e dal quale, ovviamente, l’hanno cacciata. Lady Dragon l’hanno soprannominata, ma credo che sarebbe meglio chiamarla Annie La Sanguinaria, dà più un’idea delle stragi che si è sempre lasciata alle spalle. Eppure, nonostante morti disseminati un po’ ovunque e processi a suo carico e sebbene tutti sappiano benissimo che è colpevole tanto quanto la neve è bianca, nessuno riesce a trovare prove sufficienti per metterla in gattabuia. Dunque eccola qui chi è Annie Wilkes ed eccola qui che gira e rigira Paul, lo infiocchetta, lo lava, lo cambia, lo droga con dosi sempre più forti di Novril (che non esiste come farmaco ma fa la parte di antidolorifico potentissimo) e lo intrappola poco a poco in un giogo potentissimo dal quale è impossibile liberarsi. Gli fa sviluppare una dipendenza tale dai farmaci che un giorno, per dispetto, glieli fa assumere facendogli bere dell’acqua di risciacquo da un secchio. E lo scrittore, seppur disgustato, trangugia come fosse acqua di rubinetto. Se questo vi pare troppo aspettate, non avete ancora letto niente riguardo quello che può fare Lady Dragon, che si libera di chiunque non le vada a genio ma che poi non è capace di dire parolacce perché le trova sconvenienti. Brutta burba di una donna!

Scusa cara, non reggo la tensione.

Ma come mai Annie è di colpo così arrabbiata con il suo idolo tanto da fargli dispetto? Eppure è perfino riuscita a strappare a Paul il permesso di leggere l’inedito! Ovviamente la risposta è una ed una sola: ha capito che non ci saranno altri libri di Misery Chestain eroina delle periferie e star dei supermercati (citando il libro) e per Paul inizia un vero inferno, tanto che a confronto i dolori lancinanti alle gambe sono rose e fiori rispetto alle torture della sua Ammiratrice Numero Uno. Cari coloni miei, Stephen King con questo romanzo ha creato qualcosa di incredibile. Non solo la storia scivola con una velocità e precisione chirurgica, ma l’atmosfera tesa che si respira, la tensione degli sguardi di Annie che da un momento all’altro può prendere il cucchiaio col quale imbocca Paul e ficcarglielo tutto in gola in un sol colpo, è magistralmente portata a livelli difficilmente raggiungibili di nuovo. Tra i due si instaura una partita di astuzia, sottintesi, tensioni, sguardi, ansie, cose dette e non dette, colpi di scena, tutto che si intreccia costantemente sul filo del rasoio.  Una guerra di nervi. Non ci sono mai attimi di vera pausa, di relax, di calma. Ogni frase detta, ogni parola pronunciata può essere una condanna a morte se male interpretata dall’ex infermiera. Così ogni singola volta che entra lei in scena, entra il terrore puro. Povero Paul! Lui ci prova a tenerle testa ma come si può anche solo lontanamente cercare di correre sulla stessa lunghezza d’onda di una schizzata, violenta ed assassina? Non si può. Alla fine l’adulazione usata nei suoi confronti per tenerla buona incontra una crepa, oppure il dolore fa dire una parola inesatta o la stanchezza fa reagire in modo sbagliato ed ecco che ci si trova a scontare il tutto con la propria vita. Perché Annie conosce tanti modi per far del male, in questo è fantasiosa. Ed astuta. Va via per giorni lasciando il malato senza medicine, lo fa supplicare per una dose, lo picchia più o meno accidentalmente sulle povere gambe maciullate o magari, se le va, lo lascia nella stessa stanza della sua scrofa gigante, Misery l’ha chiamata (che farà una brutta fine insieme agli altri poveri animali della Wilkes), facendole annusare il suo sangue e invitandola a cibarsi di lui.

Pane e suspence.

Per evitare torture giornaliere ed avere la sua bella dose di Novril, ma soprattutto per aspettare che al disgelo della neve qualcuno si accorga della Camaro abbandonata e per ora sepolta alla vista di tutti e tirare a campare ancora un po’, Paul acconsente praticamente ad ogni richiesta di Annie. Persino a quella di far resuscitare Misery Chestain. Paul brucerai l’unica copia del tuo romanzo sporcaccione tutto maleducazione e parolacce? Sì Annie, certo, lo farò, è un romanzo davvero sporcaccione. E scriverai Il ritorno di Misery solo per me? Sì Annie, certo, solo per te e ti inserirò addirittura nella trama, ti dedicherò il libro intero. E farai diventare quadrato questo mondo tondo, userai solo parole come cacchiolicchio e sporca burba e farai sì che gli asini volino gli elefanti nuotino? Sì Annie, certo, tutto quello che vuoiiiii!. Cari coloni sperduti, non si può leggere questo libro e non rabbrividire ogni volta che Annie Wilkes appare in una pagina. La sua pazzia pare che colori le righe del libro stesso di un nero più marcato, sembra di sentirne la voce distintamente, pare di vederla viva e reale davanti agli occhi, monolitica, enorme, robusta, pesante, con lo sguardo folle e quella strana piega nel sorriso che può tramutarsi in una risata o in un ringhio d’odio. Vi giuro, quando ad un certo punto King descrive la sua carica verso Paul, carica a seguito di una brutta rabbia e che termina con un fortissimo pugno sul ginocchio già rotto, ho sentito dolore sul mio, ed ho avuto paura. E’ questa la bravura di uno scrittore ed è questo che una buona storia deve fare. Farti calare completamente nell’intreccio. Farti vivere sulla tua pelle la sua storia. Farti conoscere i personaggi così bene che senti dolore alle gambe come Paul ed hai paura che dalla porta di camera tua si palesi tutto d’un tratto Annie. In questo modo le pagine si trasfigurano e non sono più di carta. Il tempo che vivi aprendo il libro è solo quello della storia. Il posto che visiti è solo la stanza dov’è rinchiuso lo scrittore ed il finale al quale assisti è qualcosa che riguarda personalmente anche te. Perché hai fatto tutto il viaggio assieme a loro e non puoi mancare al momento in cui verrà messo il punto, al libro de Il ritorno di Misery, a Bolidi e a quello che hai tra le mani, tre storie in una sola.

And the winner is… Misery Chestain!

Ma se la parte iniziale e quella centrale del romanzo sono interessantissime, quella finale è persino meglio cari coloni sperduti miei. Molta più suspense, molta più azione, molto, molto più terrore. I due protagonisti (ed anche quelli che aleggiano con le loro storie secondarie) ormai capiscono che sono arrivati alla resa dei conti,   Annie comincia a ricevere visite sgradite, deve occuparsi della Camaro che si è liberata dalla neve, deve far pagare a Paul le sortite dalla stanza, l’aver rubato medicine ed aver frugato tra le sue cose. Paul dal canto suo si ritrova sempre più orfano di pezzi del proprio corpo che l’ex infermiera non lesina a troncargli via, in vari modi ed ormai i destini di tutti, che si sono intrecciati fin dall’inizio, chiedono il conto e non si può più tergiversare. La guerra dei nervi è finita, inizia quella delle carte scoperte. Ed allora si assiste ad un’accelerazione a marcia ingranata alla fine della quale non si sa se ci sarà una brusca frenata o se si prenderà in pieno un muro. Durante questa accelerazione della storia si delinea definitivamente il personaggio di Annie Wilkes la Dragon Lady. Certo, pazza. Ovvio, assassina. Ma nei suoi schemi mentali traballanti da una parte, anche una donna perfettamente lucida e presente a sé stessa dall’altra. Annie che riesce a gestire una situazione tremenda e a mettere in su un piano per salvarsi la pellaccia quasi perfetto, che sbalordisce Paul per primo, me per seconda e voi cari coloni che vorrete leggere per terzi, ma non ultimi. Chiudendo la chiacchierata voglio parlare di un momento che mi ha sorpresa fra tutti quelli del libro. Ad un certo punto Paul ha la possibilità chiara e cristallina di fuggire, quando riesce abilmente a far uscire di casa Annie e le presta i quattrocento dollari che ha nel portafoglio, ma non lo fa, mancando la vera ed unica occasione di fuga di tutto il romanzo, prima della perdita di altri pezzi di corpo, prima delle tempeste di ghiaccio, quando è abbastanza forte da resistere al dolore e fare ginnastica con la Royal. Insomma in un momento ideale per fuggire, ma lui no. No. Non lo fa. Cerca di recuperare una situazione scomoda sì, ma poi si rimette al suo posto accanto alla finestre e riprende a scrivere. Perché? Perché preferisce rinunciare alla sola, vera, concreta e sicura opportunità di fuga dopo mesi e mesi di prigionia ed inferno? Perché, non ci si crede, la vita di clausura, sebbene appunto infernale, ha avuto un beneficio sulla sua creatività ed il libro che ha cominciato a scrivere solo per tenere buona la sua aguzzina ha fatto breccia nella sua fame di scrittura ed è diventato qualcosa di buono, di diverso dai precedenti. Un vero mago non rinuncerebbe mai ad un buon trucco, si dice, un comico ad una buona battuta ed uno scrittore ad una buona storia. Alla fine di tutto quindi, cari coloni sperduti, alla fine del terrore, del sangue, delle lotte, della paura, degli omicidi, della torta che come candelina ha il pollice di Paul, della lama dell’ascia, del buio della cantina dove fa freddo e ci sono i topi, del fienile da dove si teme possa tornare lo zombi del poliziotto ucciso, di intere risme di carta riempite a mano, scritte a matita, lo sapete chi vince? Misery. Misery che dopotutto non è l’eroina delle periferie e star dei supermercati che credevamo. 

A conti fatti Misery Chestain vince su Bolidi, vince su Annie Wilkes, vince su Paul Sheldon e vince alla grande anche su di me. Lei ha sempre avuto tutti noi sul palmo della propria mano e sempre lei ha deciso, di volta in volta, se lasciare la mano aperta o se chiuderla stritolandoci dentro. Bene, dopo tutto quanto detto non resta che confermare questo romanzo come uno dei migliori di King, per l’intreccio della storia, per i due protagonisti scandagliati fin nel profondo della loro psicologia e del loro spirito, per le atmosfere di tensione e di terrore puro e per la riscoperta del piacere della lettura che ogni volta regala con le sue pagine. Noi ci risentiamo presto cari coloni sperduti, nel frattempo vi auguro come sempre lunghi giorni e piacevoli notti, alla prossima. 

Vostra,

D.D.,

Dolores Deschain

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