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Tutto è fatidico

Tutto è fatidico

Lunga vita alle vostre messi, cari coloni sperduti.

Premessa che potete tranquillamente bypassare: tra i racconti del folklore che mi hanno terrorizzata durante la mia infanzia qui a Gilead c’è quello del colone che una sera, trattenutosi più del dovuto nei campi e sorpreso dal buio, per rincasare prima decide di tagliare per una scorciatoia tra i boschi. Tutti sanno di dover evitare quel sentiero, ma lui, contadinello picchiatello che non è altro, ci si avventura lo stesso e ad un certo punto del cammino sente il pianto di un infante. Colone, non è strano che un pargolo pianga in piena notte in un bosco?

Fatti le domande e datti le risposte, ma lui no. Mosso a compassione nello scorgere un fagottino abbandonato a terra con le manine piccoline che escono dagli stracci, lo raccoglie, aye. Prova subito a liberargli il viso dai cenci che lo coprono, ma non fa in tempo a realizzare che ora la voce del neonato è quella di un adulto, che il bambino si trasforma in mostro cannibale e se lo pappa per cena. C’è poi il racconto del bellissimo cavallo bianco che fa entrare in casa degli sprovveduti che l’hanno portato in stalla la strega sua complice. Pure voi, non vi sembra strano che un candido destriero non abbia un cavaliere e se ne stia tutto solo?. Non da ultimo ricordo il racconto della signora chiusa in una bara ancora viva. Il mattino dopo il funerale il marito della donna si rende conto d’esser stato troppo frettoloso nell’impacchettarla e si accorge che la poveretta ha provato a rompere la cassa con le sole mani nude per poterne uscire, ovviamente invano. Sono passati molti anni da quando ho sentito queste storie, eppure, non le dimenticherò mai. Sapete perché? Perché ognuna di loro in modo diverso ha toccato con un dito ghiacciato il mio cuore. E la loro impronta fredda è ancora lì, sul cuore appunto. Quella della signora che si risveglia in una bara e non riesce a liberarsi soprattutto. E c’è un motivo preciso: è la più verosimile e parla di una paura poco confessata ma sicuramente comune a tante persone, essere sepolti vivi. Morte apparente.

Autopsia 4.

Questa lunga premessa per dire cosa? Che i racconti non sono i cugini poveri dei romanzi. E non vanno sottovalutati. Va bene, hanno ormai un mercato molto ristretto e sono considerati roba di seconda scelta, ma una buona storia è sempre una buona storia. Che sia fatta di cinquecento pagine o di appena venti. Ecco, l’ho detto. Ora che l’ho detto passiamo alla raccolta di cui parleremo oggi, eccerrrto che parliamo di racconti sennò che l’ho fatta a fare una premessa così lunga? L’avete bypassata? Se sì, fatto bene, se no, coloni sperduti stoici fino in fondo!. Per non stare qui fino alla prossima luna mi fermerò solo su quelli che ho preferito più degli altri. Le prime pagine di Tutto è fatidico  trattano proprio l’argomento della tumulazione prematura, come dice King. Vi posso garantire che durante la lettura sono stata impegnata spesso a cercare di respirare, di urlare, di scendere da quel ghiacciato tavolo delle autopsie, di togliermi di dosso la tremenda sensazione di paralisi ed impotenza. Diamine, non è bellissimo essere lasciata nelle mani di due macellai incompetenti, con gli attrezzi spaccaossa in bella mostra a galleggiarmi sopra il naso e sentire le loro stupidissime osservazioni su questo e quello quando l’unica cosa che avrebbero dovuto osservare era che non avevo ancora tirato le cuoia. Poi mi sono ricordata che non ero io la protagonista della storia ed è andata meglio, ho cominciato a respirare di nuovo e sono arrivata al finale che mi ha sorpresa e non poco e che mi ha fatto ripensare ad un pezzo letto ne L’incendiaria. (Nota: La prima puntata della prima serie di Lore, tratto dal famoso omonimo podcast, tratta proprio il tema della morte apparente. Ascoltare il podcast è più bello che vedere la serie che, comunque, è carina. Provate.).

L’uomo vestito di nero.

Dalla morte apparente di Autopsia 4, si passa a L’uomo vestito di nero. Leggere questo racconto ed incontrarne il piccolo protagonista mi ha fatto ricordare il contadino che si avventura nel bosco della mia infanzia, santo cielo, ma se ti dicono che lì non ci devi andare a pescare, perché ci vai? Vuoi disobbedire? E poi sono cavoletti tuoi. L’uomo vestito di nero, seppur semplice e breve, mi ha pietrificata dalla paura, mi sono ritrovata seduta sull’argine del fiume ma peggio ancora a cercare di arrampicarmi su per il pendio inseguita dal peggiore dei Mostri che esista. Ed ho ancora in mente il suo sorriso agghiacciante, la voce strana e quegli occhi, quegli occhi di fuoco. Il racconto è entrato ad honorem nella rosa di quelli che non dimenticherò mai più, soprattutto per il secondo protagonista… vedrete. Ma forse avete già capito di chi/cosa si parla. La forza narrativa e visiva di questo breve racconto è potente e, unica altra parola che mi viene, paurosa. Dieci e lode a L’uomo vestito di nero, quindi, che fa il lavoro che deve fare, spaventare, e lo fa in modo semplice e naturale, senza pretese manifeste.

Le piccole sorelle di Eluria.

E poi, dopo qualche racconto che proprio non ho capito e quindi non ho potuto apprezzare, arriva Le Piccole Sorelle di Eluria …che comunque non sono per niente sorelle. Questa è la mia preferita delle quattordici narrazioni di Tutto è fatidico. Stephen King invece nella raccolta dà la sua personale palma d’oro a La teoria degli animali di L.T., un racconto che salvo in parte solo perché ci figura un gatto e il mio Cagliostro ha apprezzato, per il resto mi spiace ma non mi ha piacevolmente colpita. Invece Le piccole sorelle di Eluria mi è piaciuto in primis perché ci sono morti viventi, vampiri, creature mostruose disseminate un po’ ovunque e poi perché atterrisce, molto, e mi sembra una buona base di partenza. Soprattutto però ho amato questa storia perché si respira un po’ dell’aria epica della saga della Torre e mi ha fatto ritrovare il mio protagonista preferito di sempre, Roland il pistolero che viene da Gilead come me. Abbiamo lo stesso cognome e siamo nati tutti e due qui ma non siamo parenti, se ve lo stesse chiedendo, è solo che le due cose fanno parte del ka, come tutto, nel mondo che è andato avanti. Nel racconto il pistolero si troverà suo malgrado a fare la conoscenza di questo piccolo gruppo che di religioso ha ben poco, anzi proprio niente, tranne forse la facciata esterna. Se la vedrà brutta, ma davvero, ad un passo dal non poter iniziare il suo lungo cammino all’inseguimento di Walter, il Cattivo per eccellenza, la personificazione ultima del Male che ne L’Ombra dello Scorpione e ne Gli occhi del drago sarà conosciuto come Randall Flagg e ne farà di ogni sorta. Per fortuna, ma soprattutto grazie all’intervento di tale Jenna da una parte e di una seconda provvidenziale azione molto particolare dall’altra, che personalmente a me ha fatto saltare in piedi ed alzare il pugno in aria gridando “Evvai!”, Roland potrà in qualche modo allontanarsi da Eluria ed essere il protagonista dell’epico viaggio che sappiamo. I fatti narrati si svolgono prima della serie della Torre ma se volete sapere cosa è accaduto dopo, leggete Gli occhi del drago citato poc’anzi, che almeno per breve tempo vi farà incontrare Roland diventato vecchietto.

Tutto è fatidico.

Concedetemi adesso, cari coloni sperduti, qualche commento sul racconto che dà il nome alla raccolta, Tutto è fatidico. In questo racconto del 2002 in qualche modo ho sentito un po’ il sapore de L’incendiaria, un po’ de La Zona Morta, ma anche di Doctor Sleep e de L’Istituto che sono venuti dopo. Si tratta solo di fugaci accenni, ovvio, ma l’impressione è quella. Tutto è fatidico parla delle (dis)avventure del giovane Dink, ex ragazzo delle consegne della pizza ed ex carrellista al supermercato che ad un certo punto, svolta, alla grande. Viene regolarmente pagato una volta a settimana ed ha una lavagnetta dove scrive quello che gli serve ed in men che non si dica gli viene portato. Sembra quasi che la roba si materializzi dal nulla. Non deve pulire casa (casa nuova che qualcuno gli ha comprato, insieme ad una macchina) né fare la spesa perché lo trova già fatto ed ha sempre soldi in tasca. Gli vengono addirittura ricomprate regolarmente le mutande ogni cinque settimane. Se le ritrova nel cassetto della biancheria già belle e pronte, nuovissime. Ma aspettate prima di innamorarvi dei suoi benefits e della vita agiata che pare abbia acquisito accettando il lavoro del misterioso signore con la Mercedes che lavora per l’altrettanto misteriosa Organizzazione che pare sapere tutto di tutti. Perché ovviamente ogni cosa ha un suo costo ed i benefits costano ancora più del resto. La moneta che li ripaga è ben cara, carissima, non ho timore di dire che sia la più cara che esista al mondo. Dink alla fine lo capirà e scommetto che voi, alla fine, non lo invidierete più così tanto, aye.

1408.

Per ultimo cito altri due racconti che sono davvero spettacolari, 1408 e Riding the bullet (da tutti e due sono stati tratti dei film, ma forse si fa prima a dire quali tra i romanzi o racconti di King NON siano stati portati sul grande schermo o in tv). Nel primo troviamo uno scrittore horror che passa il tempo a sbarcare il lunario dormendo in case infestate o cimiteri occupati da spettri e presenze per poi scriverci dei libri. Fin qui tutto bene. Il punto è che lo scrittore in primis non crede né nei fantasmi né in qualsiasi cosa possa essere definita paranormale. Allora perché lo fa? Per sbarcare il lunario, come abbiamo detto. Per un tipo del genere la stanza 1408 dell’Hotel Dolphin rappresenta una vera gallina dalle uova d’oro in quanto sembra essere infestata a livelli di guinness dei primati, cito liberamente: si parla di decine di morti, di svariati suicidi, di incendi ed incidenti vari e pare che anche solo passarci dentro qualche minuto come fanno le signore delle pulizie sia altamente nocivo per la salute perché poi le stesse cadono vittime di malattie gravi o di stati mentali alterati come pazzia pura. Anche se lui, Michael Enslin, a tutto questo non ci crede. Così entra nella 1408 con un lieve sorriso di sfida sulle labbra sia verso la stanza stessa che verso il Direttore che prova inutilmente a dissuaderlo dalla cosa. Beh, sappiate che il sorriso di sfida a Michael gli verrà cancellato molto presto, con precisione settanta minuti dopo essersi chiuso alle spalle la porta della stanza 1408, cari coloni. Già, lo strafottente scrittore riuscirà a reggere appena un’ora e dieci minuti lì dentro e sebbene potrà tornare a casa per raccontarlo (il pezzo sul registratore e su quello che si sente è davvero spaventoso) si porterà dietro gli strascichi dell’esperienza a vita.

Riding the bullet.

Concludo questo viaggio intrigante nel variopinto (ma sempre a tinte scure) mondo di Tutto è fatidico parlando di Riding the bullet. La trama è semplice, una sera un ragazzo per raggiungere la madre che è in ospedale e non potendo usare la macchina fa l’autostop ed accetta un passaggio da… un morto. E quindi? Direte voi. Quindi nel mezzo c’è l’intero mondo di King e del suo modo di raccontare il terrore. Un modo estremamente dettagliato che ti fa sentire ogni rumore notturno, ogni scricchiolio degli alberi a guardia delle tombe del cimitero, che ti fa vedere occhi accesi anche dove in teoria non dovrebbe esserci nulla, che ti mette il tarlo di star vivendo in un sogno che sogna la realtà o nella realtà che sogna il sogno. E qui non c’è Marzullo che tenga. C’è poi la scelta tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, c’è il rimorso per aver votato la scheda che ti tiene in vita, c’è il finale che scombussola tutto. Giuro che ad un certo punto ho sentito l’odore dell’arbre magique della Mustang del morto, così come in 1408 mi è venuto il mal di mare. Beh, ora fate la vostra personale classifica, scegliete i racconti che preferite, confrontatevi con gli amici, o usate il libro per tirarlo addosso a qualcuno l’importante è che Tutto è fatidico abbia lasciato un segno, anche piccolo, in voi. A me l’ha lasciato, aye, yar e ajvoja, fatemi sapere quali racconti vi sono piaciuti e quali vi hanno fatto chiudere il libro, se ce ne sono stati. 

Cari coloni sperduti io vado ma non prima di avervi augurato lunghi giorni e piacevoli notti. Come sempre,

La vostra,

D.D.

Dolores Deschain

One thought on “Tutto è fatidico

  1. Ho letto praticamente tutto di King e family (Owen a mio avviso, farebbe bene ad intraprendere altra strada, joe hill invece mi entusiasma e”atutto gas”e una eccellente raccolta di piccoli capolavori soprattutto quello ambientato a Positano ed il “fauno “.
    Il racconto breve di King che mi è rimasto dentro è “le scorciatoie della sigTodd”…Magico…

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