Carrie
- By: Dolores Deschain
Contiene Spoiler! Coloni avvisati…
Lunghi giorni e piacevoli notti, cari coloni sperduti.
Oggi mentre facciamo questa chiacchierate tagliatevi una fetta di torta, preparatevi la tisana preferita, uno snack che vi piace, tè e ciambellone doppio colore, quello che vi pare, ma dobbiamo festeggiare perché si parla del primo romanzo di Stephen King, ovvero, Carrie, datato 1974.
Tutto è iniziato 46 anni fa, quindi un bel po’ di lune hanno vegliato sulle nostre messi, yar, eppure, siamo qui che ne parliamo. Mi pare già una gran bella magia. Tabitha King, è lei che dobbiamo ringraziare, non solo perché non ha mai mollato il marito, mai ufficialmente almeno, ma è stata anche quella che materialmente ha salvato dal cestino della spazzatura la bozza iniziale del libro che oggi celebriamo ed ha pensato bene che il posto di quelle pagine NON fosse, appunto, nella spazzatura.
Ora non ci interessa come mai Tabby sia andata a rovistare nel pattume del marito, avrà avuto le sue ragioni, ma l’importante è che l’abbia fatto. Santa donna Tabitha, grazie ancora!
Quando tutto ha inizio.
Carrie, un personaggio unico e speciale nell’intera produzione di SK e non solo perché è la sua prima eroina/anti eroina. Carrie è una ragazza fragile ma così forte da sventrare il mondo (nel vero senso della parola). Carrie è super bullizzata dai compagni e vessata fisicamente nonché spiritualmente da una madre pazza, che aveva un marito pazzo ed i genitori ancora più pazzi di tutti (portatori del gene TK ovvero della telecinesi) e che ad un certo punto è arrivata al momento di flessione ed ha emesso una quantità tale di energia da radere al suolo l’intero paese di Chamberlain partendo dalla palestra della scuola senza fermarsi più se non quando non c’era più nulla da radere al suolo. Scatenando l’inferno in terra.
Carrie è quella che nel momento stesso in cui accetta la sua telecinesi come un fatto naturale e normale diventa una forza inarrestabile ma, ahimè, distruttiva. Miete 440 vittime. Vi pare che con delle premesse simili questa storia potesse passare inosservata agli occhi di cinema e televisione? Ma assolutamente no!! Ne sono stati tratti infatti due film uno del 1976 ed un remake nel 2014 ed una serie tv nel 2002. La serie televisiva non sono riuscita a reggerla per più di 10 minuti ed il remake del 2014 è carino ma niente di più, mentre il classicone del 1976, regia di Brian De Palma (non uno passato per caso) è davvero bello. Vede come protagonista la fenomenale Sissy Spacek nel ruolo di Carrie ed altri interpreti che nel tempo sarebbero diventati famosi, uno per tutti John Travolta. Quindi film promosso sebbene contenga molte incongruenze con il libro, ma tanto ci siamo ormai abituati alle incongruenze, no?
Differenza fondamentale tra le pellicole e le pagine scritte sta nell’impostazione della struttura narrativa: mentre i film sono girati in presa diretta come se i fatti si stessero svolgendo al presente e gli spettatori quindi vedono la storia svilupparsi man mano, nel libro tutta la vicenda è raccontata tramite flash back di persone diverse, attraverso interviste, stralci di giornali, di libri di deposizioni processuali e di interrogatori. Quindi, dopo che è già accaduto il fattaccio. Il libro inoltre ci fornisce molte più informazioni sul background della famiglia della nostra protagonista che, credetemi, non è la famiglia Bradford. Passatemi questa liaison che mi giunge all’uopo per dirvi che Betty Buckley, l’insegnante di ginnastica nel film del 1976, è proprio “la mamma” della famosa serie televisiva della fine Anni Settanta. Un po’ forzata come liaison? Yar.
Il mio nome è White, Margaret White.
Si potrebbe raccontare la trama di Carrie in una sola frase eppure non fare spoiler: Carrie è la sfigata della scuola che un giorno si vendica facendo fuori un sacco di gente grazie ai suoi poteri telecinetici. Che poi è il succo. Ma ovviamente questo libro ha un’infinità di sfumature tali, tocca così tanti temi e racconta così numerosi punti di vista che a volerli sviscerare tutti non si finirebbe se non dopo molte chiacchiere.
Un personaggio fondamentale della storia è Margaret White, madre di Carrie, che si oppone alla figlia praticamente sempre, dal primo vagito della stessa. Una donna davvero spaventosa la signora White. Non ha zanne, non è una zombi e non si trasforma in lupo mannaro con la luna piena ma in un certo senso è uno degli antagonisti più perfidi che King abbia descritto nei suoi libri.
I momenti di maggiore tensione nella storia girano sempre attorno a lei. Margaret dal momento che mette al mondo la sventurata figlia fa ogni cosa in suo potere per privarla di un’identità propria, per plasmarla a suo piacimento, ma di più, per annullarla, per assoggettarla in ogni modo, per trasmetterle un senso di colpa e di peccato a trecentosessanta gradi. Secondo Margaret perfino respirare è peccato e se si commette peccato si deve espiare, espiare, espiare anche producendosi ferite da sola sul proprio corpo ad esempio.
Come fa lei. Margaret picchia Carrie praticamente ogni giorno, per qualsiasi motivo le passi per la mente o la rinchiude in un ripostiglio che farebbe paura a Freddy Krueger e sebbene sia conscia dei poteri della figlia riesce ad assoggettarla per tantissimi anni. In ultimo Margaret White è, semplicemente, fusa totale, fuori di testa, pazza scellerata, fanatica religiosa, esaltata violenta, delirante, perversa, perfida e criminale. Non so se ho reso l’idea.
Doccia di sangue.
Ma partiamo dall’inizio (e da dove sennò?). Muovendoci tra tutto quello che è stato scritto dopo la tragedia ed il racconto dei giorni appena precedenti la stessa. Vediamo Carrie alle prese con una scoperta per lei sconvolgente. A diciassette anni suonati durante la doccia post allenamento a scuola scopre di avere il suo primo ciclo mestruale. O meglio, è traumatizzata dal sangue (elemento conduttore di tutto il libro) che le scorre lungo le gambe e sa che sta uscendo da lei, ma non ha la minima idea del perché questo accada. Pensa quindi di essere in procinto di morire e cerca aiuto nelle compagne di classe che, in meno di un secondo, capiscono il problema e piuttosto che tenderle una mano iniziano a sbeffeggiarla in ogni modo e a deriderla. Ho sbagliato, non è che iniziano, continuano semplicemente a prenderla in giro, perché è già una vita che lo fanno, che prendono di mira la stramba Carrie, con la madre ancora più strana di lei. Per loro è una sorta di sport, un’abitudine rinsaldata nel tempo, così tanto che ormai quest’atteggiamento non ha neanche più bisogno di motivazioni. Secondo le ragazze che la chiudono in cerchio e la lapidano a suon di Tampax, non stanno neanche facendo nulla di male o di brutto. D’altra parte Carrie è un’oca, goffa, grossa e pazzoide, è quella da prendere di mira, quella da piegare, da ridicolizzare in ogni modo. E’ sempre stato così e così sarà… almeno fino a quando una pioggia di rocce non vi spaccherà casa, carissime.
Gutta cavat lapidem.
Dicevamo quindi che la ragazza è confusa e spaventata, al limite dell’isterismo, completamente nuda sotto la doccia e col sangue che continua a fluire. Piange, si dispera, pensa di morire e implora aiuto in preda alla vergogna, all’umiliazione, alla disperazione. Il gruppo delle compagne di allenamento tra cui Susan e Christine, non la sorregge, non la supporta, non la calma minimamente. Anzi, raddoppia il crudele sfottò offendendola e tirandole addosso assorbenti fradici tra sberleffi e parolacce fino a quando arriva l’insegnante di ginnastica e stoppa tutto. Quello che colpisce di questo momento è che perfino la donna adulta, all’inizio, strattona violentemente Carrie e prova verso di lei un profondo disgusto. Sulle prime la signora Desjardin si comporta appena appena un filo meglio delle ragazze, ma proprio poco e si trattiene quel tanto che basta per non unirsi al coro di insulti. Certo poi si riprende, caccia tutte e cerca di far calmare l’allieva, di spiegarle la situazione, ma questo DOPO. Come se Carrie per sua natura riuscisse a infastidire chiunque abbia attorno. Intanto nessuno dà peso alla lampadina che salta sopra la testa della Desjardin, in fondo, è solo una lampadina e Carrie è solo Carrie, si sa. Facendo il punto sull’accaduto e ricordando finalmente il suo ruolo, l’insegnante porta la ragazza dal vicepreside che le dà qualche giorno di riposo. Anche qui, di nuovo, una violenza sottintesa ma presente, il fastidio dell’adulto nei confronti di questa ragazza che all’inizio nemmeno capisce bene chi sia, come se fosse invisibile. Poi, ah ma è la figlia di quella pazza di Margaret White, la impacchetta e la rimanda a casa più per togliersela dai piedi che per altro, domandandosi come mai quel posacenere che non era nemmeno sul bordo del tavolino è caduto alla terza volta che ha sbagliato il nome di Cassie, no Carrie, va beh, ma non è importante, è solo un posacenere e Cassie è solo Cassie, anzi, Carrie – pardon!
Il ripostiglio di Eva peccatrice.
Sulla strada verso casa la nostra C. ha giusto il tempo di far cadere dalla bici l’ennesimo bamboccio che la chiama con il milionesimo appellativo orrendo prima di prepararsi ad affrontare le ire della madre di ritorno da lavoro. Quella sarà la parte peggiore. Tirando le somme in un’unica giornata, con chiunque CW abbia avuto a che fare, parenti, compagni di scuola, insegnanti o solo conoscenti, è stata in qualche modo giudicata e respinta, trattata a pesci in faccia, strattonata, derisa. Il tutto a condire il vero orrore di una quotidianità intrisa di dolore. Così mentre aspettiamo anche noi il rientro di Margaret White ci rendiamo conto che non è piacevolissimo stare in casa di Carrie. Non penso esista al mondo qualcuno che potrebbe sentirsi a proprio agio circondato dal peso di decine e decine di statuette di Santi, Madonne, Gesù crocefissi, immagini sacre, altarini, candele e riproduzioni di ogni sorta di scena apocalittica o di peccatori tra le fiamme dell’inferno. Anche un Santo in carne ed ossa gradirebbe aspettare fuori. Ma Carrie non può uscire… E’ indubbio che Margaret White abbia nella storia un ruolo fondamentale, soprattutto, è certo che i conflitti tra madre e figlia lascino intendere molto sulle motivazioni che poi hanno spinto la ragazza a comportarsi come si è comportata. Il primo duro, durissimo, scontro tra le due (di tanti che ne verranno) si ha quando, una volta rincasata la madre, Carrie cerca disperatamente di chiederle perché non le abbia mai parlato del normalissimo e naturale processo del ciclo femminile. La donna piuttosto che risponderle inizia a blaterare del peccato di Eva, del sangue nel quale Dio l’avrebbe affogata, dei pensieri sconci che sicuramente le sono passati per la testa e che hanno fatto sì che non fosse più pura, del fatto che avrebbe dovuto pentirsi e pregare a vita per farsi perdonare (magari per revocare il processo del ciclo, scommetto che ci ha pensato) eccetera, eccetera, eccetera, amen.
Carrie, pur provando un minimo ad alzare la testa, questa particolare battaglia la perde e viene chiusa nel famigerato ripostiglio per ore a riflettere sui suoi innominabili peccati. Anche i brufoli che le sono venuti, le dice Margaret, sono il giusto castigo del Signore.
Dopo il sangue vengono i ragazzi.
In quest’ottica quindi potrete facilmente immaginare quale duro confronto hanno le due nel momento in cui Carrie annuncia alla madre che, udite udite, parteciperà al ballo di fine anno in quanto invitata da un ragazzo e non da uno qualsiasi ma Tommy, il più popolare della scuola! Voi direte, un secondo, ma come si passa dal trovarsi sanguinante in una doccia trattata come un’appestata all’essere invitata al ballo dal più carino?
Beh, il fattaccio della doccia ha portato a due effetti diametralmente opposti ma entrambi fondamentali per lo sfortunato epilogo: da una parte Susan si sente profondamente in colpa per aver messo gratuitamente alla berlina la ragazza e chiede così al suo fidanzato belloccio di “sacrificarsi” per una sera e di portare al ballo Carrie, rinunciando spontaneamente ad andare lei, e dall’altra la teppistella Christine invece di invocare perdono per quello che ha fatto non rinuncia al suo spirito da bulletta del quartiere col papà avvocato e finisce col compromettersi ancora di più con la scuola, rimediando una sospensione dalle lezioni e peggio ancora l’esclusione dal ballo. All’inizio Carrie risponde picche a Tommy Ross, il belloccio, intuendo quanto quell’invito sia una sorta di risarcimento per l’errore di Susan, poi, un po’ perché vuole sentirsi per una volta viva, per una volta normale ed un po’ anche perché Tommy per essere carino è carino, accetta. Forse pensando tra sé e sé, cosa vuoi che accada di brutto? Beh la prima cosa che accade di brutto è la madre e la seconda è Christine.
Mamma, io andrò al ballo e tu non puoi fermarmi.
Il primo gesto che fa Margaret White quando la figlia la informa della cosa è gettarle in faccia il tè alla cannella che sta bevendo, niente di grave direte voi, non è neanche bollente, no certo, peccato che dopo la picchia violentemente, la insulta come al solito chiamandola strega e figlia del diavolo e finisce con una bella preghiera di esorcismo per liberarla dal demonio con gli zoccoli che la sta possedendo.
Non prosegue solamente perché per la prima volta Carrie usa i suoi poteri per bloccarla e non continuare né a subire violenze né ad essere rinchiusa nello sgabuzzino. E qui ammettiamo che siamo saltati in piedi ed abbiamo gridato a squarciagola “bravaaaaa”!. Mentre tifiamo ancora un po’ per Carrie arriva la sera del ballo. La ragazza per tutta la settimana ha battagliato con Margaret che più volte è tornata all’attacco per farla redimere, chiedendole di fare penitenza, di bruciare il vestito, di pregare. Ma C. ha tenuto duro e ha controllato gli attacchi isterici della madre ridimensionandola con i suoi poteri, senza farle male mai, solo controllandola a distanza di sicurezza. Ma è stato uno stillicidio penoso e difficile, citiamo dal libro: “Carrie pensava che nessuno avrebbe potuto intuire il brutale coraggio che le ci era voluto per arrivare a questo, per affrontare tutte le paurose possibilità che la notte poteva portare con sé”. Le paure di Carrie non riguardano solo la madre, riguardano tutta la sua esistenza, tutto il percorso che la porta a quel venerdì sera. E se le cose fossero andate male? Se anche questo miraggio di vita normale si fosse rivelato, appunto, un abbaglio e basta?
E se, e se, e se, e se, e se?
Persa tra mille domande, alla fine, Tommy arriva e Carrie si allontana da casa insieme a lui con il vestito da sera rosso ed il bouquet fissato sul polsino, pensando per un solo secondo che forse può essere felice e non ascoltando il blaterare della madre che si è chiusa nello sgabuzzino da sola (abbiamo sperato ci rimanesse per sempre ma così non è stato). No, Carrie non ascolterà nessuno quella sera. Quella sera è sua e solo sua. Ma ha fatto l’errore di dimenticare una persona cruciale nella storia: Christine. Christine non è stata con le mani in mano in tutti questi giorni, nar. Si è data anzi un gran da fare e sarà lei a predisporre la miccia che farà scoppiare l’ira irrefrenabile di CW.
Un ultimo ballo.
Una bella secchiata, anzi due, di sangue di maiale in testa e passa la paura. Ecco, dopo infiniti preparativi, dopo aver sgozzato dei maiali per procurarsi il materiale, dopo aver preso accordi affinché tutti o quasi avessero votato per Tommy e Carrie eleggendoli Re e Regina del ballo e dopo essersi concessa pur non volendo ad un Billy che diventava sempre più strano ed ingestibile, Christine riesce a prendersi la sua vendetta.
Ci riesce proprio nel momento di massima felicità della ragazza. E ci dispiace, ci dispiace troppo vedere che intanto la diciassettenne Carrie White che non vuole fare tardi per non far preoccupare oltremodo la madre, sta vivendo una serata magica. Sta bene, Carrie, per la prima volta forse dopo diciassette anni di vita borderline sta bene. Si diverte, chiacchiera, addirittura scherza con gli altri, si sente bella, si sente normale. Oltre il danno la beffa quindi perché il tutto accade nel momento di maggiore gioia, nell’apogeo della contentezza, quando addirittura lei stessa si sorprende nel pensare che forse è vero che Tommy la trova carina, forse ce la può fare a rosicchiarsi un pezzo di indipendenza, di libertà. Citando di nuovo il libro: “…questo le diede un senso di pace. La sua anima conobbe in fine un momento di calma…”
Se il tuo occhio destro ti offende, strappalo via.
Nelle due ultime ore di quel venerdì sera iniziato in modo romantico e bellissimo, i piani del destino, del caso o di chissà Chi, messi in moto già da tempo, corrono verso l’amaro traguardo e non si può più tornare indietro. In posti diversi si mettono all’opera persone diverse con motivazioni diverse, alcune facendo delle scoperte a livello inconscio, altre invece prendendo decisioni drammaticamente estreme.
Tutto assieme porta ad un solo, unico, tragico finale che verrà raccontato in mille modi differenti ma ognuno di essi dipingerà Carrie come un mostro, come un Angelo Vendicatore, come una Strega, disumanizzandola per sempre senza tenere più conto della sofferenza passata, dei soprusi o delle violenze vissute. Carrie sfortunatamente, prima della mezzanotte di venerdì sarà già diventata il demone sanguinario che forse solo Susan aveva imparato un po’ a conoscere per il suo vero aspetto di diciassettenne solitaria ed incompresa. La storia di Carrie è quindi piena di contrapposizioni tra la dolcezza del suo essere e la furia che ad un certo punto il suo stesso essere ha tirato fuori. Di contraddizioni tra il voler far parte della società ed odiare quella stessa società che l’ha sempre scacciata tanto da distruggerla. Tra la sua fragilità e la determinazione ultima di dare pieno sfogo alla sua rabbia e tra la frattura incolmabile del cercare un ultimo appiglio nel rifugio della donna che l’ha messa al mondo e trovarsi invece a doverla combattere. Carrie è la storia di un’anima complessa, mai del tutto compresa, spezzata e temuta, solitaria e fragile che si sorprende del suono della sua risata perché non è abituata a sentirlo poco prima della “propria totale rovina”.
Quindi cari coloni miei, tirando le somme posso dirvi che oltre al romanzo horror che tratta di poteri telecinetici che tutti conosciamo, Carrie soprattutto parla della solitudine di un essere umano scacciato dalla società perché ritenuto strano e diverso. Un essere umano che per tutta la vita deve combattere per farsi accettare, inutilmente, finendo anzi col diventare davvero un qualcosa di diverso da tutto e tutti, mutando in fine in un’arma micidiale.
Bene, questo è quanto. Di chiacchiere ne abbiamo fatte tante quindi non mi resta che salutarvi caramente e darvi l’appuntamento alla prossima recensione ma prima, come sempre, vi auguro lunghi giorni e piacevoli notti.
Vostra affezionata
D.D.
Dolores Deschain.